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“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Gv 6, 56).

Sono sicuro che alcuni tra coloro che stanno leggendo saranno un po’ sorpresi dei termini che propongo nell’odierna riflessione. Quindi è meglio subito indicare il contesto che intendo prendere in considerazione per il loro uso: il ricevere la Santa Eucarestia o fare la Santa Comunione, come generalmente si dice.

Prima di tutto ricordiamo cosa il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma riguardo all’Eucaristia indicata nell’ultimo Concilio come “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (LG 11)’. “Nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero. […] È per la conversione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue che Cristo diviene presente in questo sacramento” (nn. 1374-1375). Invece, riguardo alle disposizioni di colui che si accosta alla santa Comunione, alla quale ovviamente sempre il Signore invita tutti, leggiamo: : ” Per rispondere a questo invito dobbiamo prepararci a questo momento così grande e così santo. San Paolo esorta a un esame di coscienza: ‘Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna’ (1 Cor 11, 27-29). Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione (CCC, n. 1385).

In questo consiste il sacramento dell’Eucaristia e non in altro. Fare la santa Comunione è ricevere il Corpo e Sangue di Cristo e nient’altro. Di conseguenza non può mai essere sentita o vissuta come un ‘rito di aggregazione’ all’interno di una comunità, riducendola ad un mero segno a livello sociale di partecipazione o emarginazione. Ricevere l’Eucaristia non può essere vista come una sorta di ‘obliterazione’ per non sentirsi escluso o giudicato, ma piuttosto l’accoglienza di un dono, che in quanto tale è sì gratuito, ma non può mai considerarsi ‘arbitrario’ in quanto esige delle disposizioni per essere debitamente accolto. Dovremmo essere preoccupati solo di non tradire il rapporto con Dio rischiando di essere quei farisei che Cristo ha sempre affrontato con decisione e determinazione.

Quando mi preparavo alla prima santa Comunione, il mio parroco spiegò con un esempio eloquente, che non ho mai dimenticato, la necessità di essere in grazia di Dio per fare la santa Comunione. Domandava a noi bambini: “perché l’Eucarestia è chiamata sacramento dei vivi?”. Dopo i nostri tentativi di risposta, ci disse: “Solo coloro che sono in stato di grazia possono comunicarsi in quanto chi è cosciente di essere in peccato mortale, è morto (spiritualmente) ed i morti non mangiano!”. Recuperare questa verità, semplice, cristallina, significa comprendere che sì l’Eucarestia è per noi pellegrini su questa terra, un sostegno, un conforto, un aiuto quando siamo ‘infermi’ a causa delle nostre debolezze e fragilità, per proseguire nel cammino, ma completamente diverso è quando siamo ‘morti’ a livello spirituale con il peccato mortale (quando cioè pecchiamo in materia grave [v. 10 Comandamenti], e si danno piena avvertenza e deliberato consenso: cf CCC, nn. 1855-1861).

In questo contesto mi permetto una breve annotazione: non si uccide solo fisicamente, ma anche moralmente, sparlando o addirittura calunniando una persona! Il giudizio, il pettegolezzo, lo sparlare sistematicamente è uno dei cancri peggiori dei vari ambienti di lavoro, della politica, dei mass media, ma acquista una valenza direi ‘terrificante e devastante’ nelle comunità parrocchiali/ecclesiali e religiose. Il tutto è oggi amplificato dalla facilità di diffusione per via dei nuovi mezzi di comunicazione quando con un click una notizia è potenzialmente accessibile da tutti nel mondo. In questo modo si può distruggere una persona, ucciderla socialmente, e come, dopo questo ci si può accostare e ricevere la santa Comunione, senza prima chiedere perdono nella confessione sacramentale, impegnarsi a non farlo più, con l’aiuto della grazia di Dio, ed a riparare il danno fatto?


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