Santa Caterina da Siena: umile annunciatrice di Cristo affinché nessuno sprechi la sua vita

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Santa Caterina da Siena: umile annunciatrice di Cristo affinché nessuno sprechi la sua vita

Santa Caterina da Siena, ritratto di Andrea Vanni, Cappella delle Volte, Basilica Cateriniana di san Domenico

Di seguito in anteprima, data la ricorrenza della Festa – nella sua sostanza – l’Editoriale che sarà pubblicato sulla Rivista “La Patrona d’Italia e d’Europa Santa Caterina da Siena”, n. 2/Anno LXXVIII aprile/giugno 2023.

“Non è più sufficiente il semplice ripetere o organizzare isolate iniziative autoreferenziali a livello ecclesiale, ma bisogna annunciare sempre e prima di tutto il Vangelo di Gesù Cristo. Il compito dei Caterinati è quello di trasmettere l’insegnamento del Vangelo attraverso il pensiero e l’opera di santa Caterina da Siena, non dimenticando mai, come ne fu sempre cosciente la nostra Santa, che è Cristo, rivelazione di Dio che è Padre, che va sempre e solamente annunziato”. Con queste parole l’arcivescovo di Siena, il card. Augusto Paolo Lojudice è intervenuto al Consiglio Generale dell’Associazione Internazionale dei Caterinati, riunito a Siena nella Sala del Capitolo, nel Chiostro del Convento di san Domenico, lo scorso 18 marzo. “Anche se a volte, l’annuncio può essere fallimentare e non tutti i semi germoglieranno nella stessa misura, ci sarà sempre qualche seme che darà i suoi frutti” – ha continuato l’Arcivescovo, citando la parabola evangelica del Seminatore (cf Mt 13,4-9; 18-23).

            Ho ritenuto importante aprire il presente editoriale (per i precedenti v.: http://www.padrebruno.com/pubblicazioni/articoli-e-scritti/), di questo secondo numero dell’anno in corso de La Patrona, che raccoglie in modo prevalente le varie iniziative che si sono realizzate per celebrare il dies natalis della nostra Santa, ricordando l’intervento del nostro Arcivescovo in quanto evidenzia un dato oggettivo e significativo: la centralità di Cristo e del suo Vangelo nella vita di santa Caterina, come del resto di tutti i Santi e della stessa b. Vergine Maria. Verità che deve rimanere un punto fermo per tutti i devoti, ma anche dei diversi studiosi della Patrona d’Italia e d’Europa. Infatti, il pericolo che una certa non formata devozione ai santi finisca per offuscare o addirittura far dimenticare che la loro santità si è realizzata proprio ed unicamente nella loro conformazione a Cristo, è più che reale. Rischiando così di perdere di vista Colui che solo è il fondamento, la ragione e il fine della fede cattolica e della Chiesa, come ci ricorda la professione del Credo, che significativamente sarà consegnato ai cresimandi e ai cresimati nella Basilica di san Domenico proprio domani, 29 aprile, solennità liturgica di santa Caterina, durante la celebrazione Eucaristica, alle ore 16.00.

            Purtroppo un’equivoca spiritualità moderna ha sottolineato l’imitazione dei santi come modelli da ‘ricopiare’, indicazione che porta alla spersonalizzazione dell’individuo e a tutta una serie di vere e proprie patologie di carattere psicologico e spirituale. Gli aneddoti e le leggende riguardanti i santi di cui una certa agiografia antica si serviva, erano finalizzati proprio ed esclusivamente ad ispirare e a motivare spiritualmente le persone e non a indurle ad essere delle ‘fotocopie’ di un determinato santo/a. Invece, un certo fideismo e moralismo dei secoli passati hanno proprio sottolineato la mera imitazione dei santi in quanto tali, oscurando così la ragione e i motivi per cui, prima di tutto sono stati imitatori di Cristo, vivendo la loro vita come un dono unico – una vera e propria vocazione, quindi di una chiamata da parte di Dio – nella piena consapevolezza sintetizzata in modo unico e toccante da san Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Invece, la visione fideista-moralista ha prodotto, come era facilmente prevedibile, una forte reazione ad un cristianesimo percepito come essenzialmente volontarista. D’altra parte nell’odierno nostro contesto sociale e culturale dove prevalgono relativismo e positivismo, si è finito per buttare via dalle storie dei santi proprio quegli aspetti leggendari e aneddotici, che esercitavano una indubbia positiva attrazione, applicando il metodo storico critico, con il risultato che molti dei testi agiografici in circolazione non sono più ‘pienamente comprensibili’ per la maggioranza dei lettori: ancora una volta si è buttata l’acqua sporca e insieme il bambino! In ogni caso, oggi come forse mai prima, ci troviamo poveri d’immaginazione e d’ispirazione spirituale, con l’esigenza di un approccio non solo teoretico e astratto, ma di uno stile di vita che possa affascinarci e motivarci nelle nostre scelte e nei nostri comportamenti. Invece, le generazioni dei nostri tempi nascono e crescono con un’immaginazione digitale, sensoriale e il più delle volte prettamente emozionale e marcatamente sensuale, dove i più non riescono più a distinguere tra virtuale e reale, tra realtà e fantasia, tra diritti e desideri. Tutto questo finisce per ‘asfaltare’ la vita spirituale a livello meramente terreno dove, alla fine, non si pensa che possa esistere qualcosa al di sopra, di più alto e significativo (cf Gv 3,31-32). Invece, le vite dei santi lette e fatte proprie quali fonti d’ispirazione, sono un contributo a realizzare una vera e propria vita di fede, coniugando così in modo unico le dimensioni materiali e spirituali, insite in ogni persona. Per la ragione che, realisticamente parlando, una spiritualità vissuta a prescindere dai santi è pericolosa in quanto ci fa perdere di vista la concretezza della chiamata universale alla santità (cf Lumen gentium, 40), che essi non sono nati tali nel tempo storico di ciascuno, ma lo sono diventati rispondendo pienamente nella scoperta che Dio li aveva amati per primo (cf 1 Gv 4,19). Queste nostre sorelle e fratelli non sono rimasti insensibili di fronte alla passione, morte e risurrezione di Cristo per loro e questo ha cambiato radicalmente la loro esistenza: la centralità dell’amore di Cristo per loro e per l’intera umanità, davanti la quale non potevano rimanere indifferenti. Coscienti che l’indifferenza di fronte all’amore è sempre un rifiuto, un no all’amore. Quindi, la vicinanza ad un determinato santo/a, vissuta in modo giusto, favorisce la crescita nella fede in Cristo, in quanto ogni santo/a ha vissuto questa verità prima di tutto nella propria esistenza, realizzando così l’invito paolino: “… camminate nell’amore come anche Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave” (Ef 5,2).

            La conferma di quanto finora ricordato, soprattutto per noi che festeggiamo la Santa di Fontebranda, è data dalla sua vita e in modo tutto speciale dal suo Epistolario, dove emerge chiaramente la centralità di Cristo e dell’importanza per lei di essere prima di tutto – e direi quasi esclusivamente – sua fedele discepola e allo stesso tempo indomita annunciatrice della proposta evangelica in ogni contesto e, soprattutto, non escludendo a priori mai nessuna persona. Mi limito qui ad indicare e a consigliare la lettura in particolare di tre sue lettere che esprimono chiaramente le sue intenzioni di rendere ognuno, a prescindere dai suoi comportamenti morali o dallo stato di vita, cosciente della fortuna di essere dei fedeli credenti, prima di preoccuparsi di essere credibili, cosa che per lei non si poteva dare senza la presa d’atto dell’opera di Dio nella vita di ciascuno e quindi nell’incontro, nell’esperienza del Cristo.

Nella Lettera 276 “A una meretrice in Perugia, a petizione d’un suo fratello”, scriveva: “Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce. Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti participare il sangue del Figliuolo di Dio; perocchè senza il sangue non puoi avere la vita. Chi sono coloro che participano il sangue? coloro che vivono col santo e dolce timore di Dio. Chi teme Dio, vuole innanzi morire che offenderlo mai mortalmente. Però, figliuola mia, io piango e dogliomi che tu, creata alla imagine e similitudine di Dio, ricomperata del prezioso sangue suo, non ragguardi la tua dignità; nè ‘l grande prezzo che fu pagato per te. Ma pare che tu faccia come il porco che s’involge nel loto; così tu t’involgi nel loto della immondizia. Fatta sei serva e schiava del peccato; preso hai per signore il dimonio, a lui servi il dì e la notte”. Prevenendo nella conclusione le difficoltà di questa donna, afferma: “Rispondi a Cristo crocifisso che ti chiama con umile voce; corri dietro all’odore dell’unguento suo. Bàgnati nel Sangue di Cristo crocifisso; chè a questo modo participerai il Sangue. […]. E se tu mi dicessi: ‘il non avere di che vivere mi ritrae’; e io ti dico che Dio ti provvederà. Ed anco ho sentito dal tuo fratello carnale che ti vuole ajutare in ciò che bisogna. Non volere adunque aspettare il divino giudizio, il quale caderebbe sopra di te, se questo non facessi. Non volere più essere membro del diavolo; che, come laccio suo, ti se’ posta a pigliare le creature. Non basta assai ‘l male che tu fai per te; pènsati di quanti se’ cagione tu di fare andare all’Inferno. Non dico più. Ama Cristo crocifisso; e pensa che tu devi morire, e non sai quando. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore. Maria dolce madre”. Un vero modello della verità detta per e con amore! (cf Ef 4,15).

            In egual modo e con la stessa chiarezza nella Lettera 76 “Al convento de’ monaci di Passignano di Vall’ Ombrosa” e nella Lettera 176 “A Pietro Cardinale portuense” ammonisce sia i monaci che il porporato ad essere leali servitori e ministri di Cristo e di nessun altro, con parole senz’altro forti, ma che allo stesso tempo fanno trasparire la passione per il vero bene dei destinatari che si realizzerà solo nella docile realizzazione del Vangelo nella loro vita.

            Com’è noto la Santa di Siena è cresciuta e si è formata spiritualmente grazie a tanti religiosi domenicani e alla loro predicazione ‘sapienziale’ che deriva dal carisma che lo Spirito Santo ha concesso al loro fondatore, san Domenico di Guzman (1170-1221) per il bene della Chiesa, appunto: la carità della verità! Un uomo conquistato dalla forza liberante della Parola di Dio che, sulle orme di Cristo, non ha guardato alle distanze che lo separavano da chi non la pensava come lui o non viveva in modo pieno il dono della vita da parte di Dio, ma ha percorso queste distanze andando incontro ad ogni persona, sempre. Per questo mi sembra importante concludere la presente riflessione, ricordando alcune date significative riguardanti proprio la presenza dei domenicani a Siena. Essi arrivarono a Siena verso il 1217 accompagnati dal loro Fondatore, presso l’Ospizio della Maddalena, nei pressi della Porta di san Maurizio, ma solo nel 1225 ricevettero un terreno in donazione, nella zona di Camporegio, da Fortebraccio Malavolti e i lavori di costruzione della chiesa – chiamata in un secondo momento ‘chiesa vecchia’ dopo che fu deciso l’ampliamento con la costruzione dell’attuale transetto – iniziarono nel marzo del 1225 per ‘terminare’ solo nel 1262. Quindi nel 2025 saranno ottocento anni dalla posa della prima pietra! Però altri significativi anniversari sono ancora più vicini. Infatti, dopo l’espulsione dei domenicani verso il finire del sec. XVIII e l’affidamento del complesso ai Benedettini Cassinesi fino al 1912, i primi vi ritornarono nell’ottobre del 1923 in seguito alla formale richiesta all’Arcivescovo di Siena in quegli anni, S. Ecc. za mons. Prospero Scaccia, da parte dei domenicani della Congregazione di san Marco di Firenze (in concreto solo tre religiosi). Questi presero giuridicamente carico della custodia della Chiesa esattamente il 22 agosto del 1924: quindi il prossimo ottobre saranno cento anni dal ritorno dei domenicani a san Domenico e nel 2024, cento anni del riaffidamento a loro, da parte della Diocesi, della custodia della chiesa monumentale per lo svolgimento delle funzioni liturgiche. In ultimo, nel 1925 il papa Pio XI elevò la chiesa a Basilica minore, in quanto vi è custodita dal 1383 la Sacra Testa di santa Caterina, insieme ad altre insigni reliquie: quindi nel 2025 saranno appunto cento anni! Speriamo e preghiamo di riuscire a celebrare degnamente questi prossimi anniversari, memorie eloquenti dell’opera della Provvidenza per il popolo di Dio che è in Siena in modo particolare, tesori allo stesso tempo da custodire gelosamente come doni preziosi, ma anche opportunità di celebrare con gratitudine la tenera attenzione dell’unico e solo Salvatore dell’uomo: “Gesù Cristo [che] è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (Eb 13,8).

Basilica Cateriniana san Domenico, Siena 28 aprile 2023

Primi Vespri della Solennità liturgica di santa Caterina da Siena

P. Bruno, O. P.


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