Una legge che permette l’aborto è una legge o piuttosto un ‘aborto’ di legge?


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Una legge che permette l’aborto è una legge o piuttosto un ‘aborto’ di legge?


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L’occasione e il senso di un sereno confronto

Domenica 22 maggio Papa Francesco al termine del Regina Coeli, salutando i presenti in piazza san Pietro, si è rivolto in modo particolare a coloro che avevano partecipato alla manifestazione nazionale Scegliamo la Vita, con le seguenti parole: “Vi ringrazio per il vostro impegno a favore della vita e in difesa dell’obiezione di coscienza, il cui esercizio si tenta spesso di limitare. Purtroppo, negli ultimi anni c’è stato un mutamento della mentalità comune e oggi siamo sempre più portati a pensare che la vita sia un bene a nostra totale disposizione, che possiamo scegliere di manipolare, far nascere o morire a nostro piacimento, come l’esito esclusivo di una scelta individuale. Ricordiamo che la vita è un dono di Dio! Essa è sempre sacra e inviolabile, e non possiamo far tacere la voce della coscienza”[1].

Questo chiaro intervento del Pontefice riguardo la sacralità della vita, arriva quando sembra ormai certo che la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America riprenderà in esame la storica sentenza che quarantanove anni fa legalizzò di fatto, a livello federale, l’aborto (Roe v. Wade)[2]. Mi è sembrato quindi opportuno cogliere questa occasione per poter riflettere pacatamente sulla giuridicità stessa di una legge che permetta l’aborto, al di là delle proprie convinzioni religiose o della propria filosofia di vita. In altre parole, un’occasione per non dare ormai per scontato ed acquisito ciò che nella realtà non potrà mai esserlo in quanto riguarda la vita di una persona e di una persona innocente.

Pur nel rispetto sentito e sincero della diversità d’opinione, ma anzi proprio per questo, affinché non si elabori e si giustifichi al riguardo una sorta di teoria del ‘pluralismo a senso unico’, dove è ammessa alla fine, ed ha diritto di cittadinanza, solo un’opinione, quella della ‘cultura dominante’ o della maggioranza, penso che non sia superfluo, cogliere l’intervento del Santo Padre e la prossima decisione della Corte Suprema, come momenti favorevoli per chiarire alcuni aspetti, meramente giuridici, intorno ai quali si registra non poca confusione.

Il dovere e non la rivendicazione di un diritto d’intervenire da parte del Magistero

Desidero condividere qui, alcune semplici riflessioni riguardanti prima di tutto la questione previa e più generale circa il diritto del Magistero d’intervenire in ambito politico quando è in gioco la vita e la dignità della persona umana. Successivamente cercherò di dare un’applicazione di quanto detto specificamente alla legge sull’aborto. Legge che purtroppo da troppi anni è parte dell’ordinamento giuridico di tanti Stati e che l’opinione pubblica percepisce sempre più come ‘scontata’ e frutto di modernità e civiltà, legale e quindi conseguentemente lecita a livello morale.

Circa il primo punto sarebbe opportuno per tutti, cattolici e non cattolici, rileggere l’illuminante contenuto del n. 76 della Costituzione Pastorale Gaudium et spes del Concilio Ecumenico Vaticano II. In esso i Padri conciliari hanno ricordato con estrema chiarezza ed equilibrio il vero e sano rapporto che deve realizzarsi tra Chiesa e Comunità politica. Premesso che ciascuna è indipendente e autonoma l’una dall’altra nel proprio campo, pur se nell’unico servizio alle stesse persone umane, si afferma con cristallina chiarezza però, ed allo stesso tempo, per la Chiesa il diritto di predicare sempre ed ovunque la fede ed insegnare la sua dottrina sociale, ed in particolare “… dare il suo giudizio morale, anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e della salvezza delle anime”. Come si enuclea dal testo citato, i Padri conciliari hanno solo manifestato un’esigenza propria alla missione della Chiesa, che, propriamente parlando, non rivendica tanto il diritto di fronte alla Comunità politica di poter esporre il deposito della fede e d’insegnare il modo coerente di viverla, ma piuttosto ricorda a se stessa il dovere di farlo per non tradire il mandato che le è stato affidato dal Suo Fondatore. Ciò facendo la Chiesa non fa altro che proporre il messaggio liberante della verità evangelica e non desidera affatto imporlo a chicchessia. Cosa che d’altra parte, oggi più che mai che nel passato, sortirebbe l’effetto opposto.

Questo non vuol dire, però, che attraverso i modi e nei luoghi e tempi opportuni della vita politica e sociale chi ha l’autorità nella Chiesa non debba fare presente l’importanza di certe scelte. Nello svolgere questo suo preciso compito il Magistero non fa che ricordare a tutti, le esigenze intrinseche ed inderogabili della natura umana, esigenze che ovviamente per chi si professa credente, sono vincolanti in un modo tutto proprio alla luce della Rivelazione ed in vista della salvezza eterna.

La legge umana a salvaguardia dei diritti di tutti e non solo di chi è nato prima

In questo contesto, prendiamo ora in esame, quasi come esemplificazione ed applicazione di quanto appena detto, il caso della legalizzazione dell’aborto in molti dei contemporanei ordinamenti giuridici, presentata dalla “cultura” contemporanea come conquista di civiltà, “diritto inviolabile” della donna moderna. Anche se rimane e rimarrà per sempre, oggettivamente, un abominevole delitto (cf Gaudium et spes, n. 51) che vuole essere fatto passare per un diritto (cf Evangelium vitae, n. 4)[3], in quanto uccisione dell’innocente per antonomasia, il più povero tra i poveri, in quanto non nato! Quindi, la pretesa di legittimare giuridicamente l’aborto, rifiuta di vedere l’intrinseca contraddizione giuridica sulla quale riposa. Infatti, se l’idea di ‘Stato di diritto’ è nata e si è affermata nel corso del tempo per il suo essere salvaguardia dei diritti di tutti, contro ogni anarchia o totalitarismo, come si può ammettere nel suo ordinamento giuridico una legge che fa del diritto fondamentale e primo, cioè del diritto alla vita, oggetto di una arbitraria concessione? Se ognuno di noi è venuto alla vita perché la propria madre gli ha fatto questa ‘grazia’, ecco che non si può più parlare di vero e proprio ‘diritto, ma allora si sfalda rovinosamente tutta la concezione e la conseguente struttura del moderno Stato di diritto, in quanto, appunto, del suo primo e fondamentale diritto se ne fa al massimo una grazia!

Ora se il Magistero non si stanca di ripetere in tutte le sedi ed in ogni occasione, anche a costo dell’impopolarità e di accuse d’ingerenza, il valore supremo e inviolabile della vita fin dal suo concepimento, lo fa nella coscienza che questo è un suo preciso dovere. Dovere che pur nascendo ed illuminato dalla fede sa che non può rimanere relegato in essa. Tutto questo ha un significato specifico per tutti quei parlamentari, politici, Presidenti di Stati che si professano cattolici. La difesa della vita non è questione confessionale, dove basta professarsi non credenti per trovare giustificazione a scelte e comportamenti che sono contro la ragione, la verità, il diritto e la giustizia. Con la vita e la dignità della persona umana tocchiamo ambiti e decisioni che non sono soggetti al mero consenso della maggioranza per poter essere moralmente adottati. Tutto ciò esige dal Magistero ed in particolare da quei battezzati impegnati nell’amministrazione della cosa pubblica, il dovere d’intervenire nell’ambito politico evitando quel complesso d’inferiorità che spesse volte ha giocato un ruolo considerevole, con risultati nefasti, nell’impegno politico dei cattolici. Il dialogo è importante e doveroso, ma fermo restando l’importanza della ricerca della verità e della giustizia che mai potranno essere sacrificati sull’altare del compromesso, dell’opportunismo o del cinico utilitarismo, soprattutto quando su quell’altare saranno sacrificati degli innocenti.

Conclusione

Queste brevi e semplici riflessioni ci portano a sperare, ma soprattutto ci impegnano a pregare il Signore, affinché i cattolici oggi si rendano sempre più conto della necessità di arrivare a quella fede adulta, necessaria ed indispensabile a poter annunciare e testimoniare al mondo di oggi la bellezza ed il fascino della fede. Una fede, frutto di un rapporto vissuto con Colui che ci ha tanto amato fino a dare la vita per noi sulla croce, che non è mai contro l’uomo, ma sempre per tutto l’uomo e per tutti gli uomini, nessuno escluso.

Basilica Cateriniana san Domenico, Siena 24 maggio 2022 – Memoria liturgica della Traslazione del Santo Padre Domenico (Bologna 1233)

P. Bruno, O.P.


[1] Regina Coeli, domenica 22 maggio 2022, in https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/05/22/0385/00803.html, consultato il 23-V-2022).

[2] Per conoscere gli antefatti e la situazione in cui attualmente ci si trova, rinvio a: E. Molinari, Usa. Aborto, la Corte Suprema può revocare il suo «sì». Poi parola agli Stati, in Avvenire, 4-V-2022: https://www.avvenire.it/mondo/pagine/stati-uniti-aborto-corte-suprema-orientata-ribaltare-sentenza-49-anni-fa, consultato il 23-V-2022.

[3] Anche se questa Enciclica di san Giovanni Paolo II del 1995 dovrebbe essere meditata tutta, soprattutto oggi per la sua attualità, mi sembra importante riportare i seguenti passi: “22. …Così, di fronte alla vita che nasce e alla vita che muore, non è più capace di lasciarsi interrogare sul senso più autentico della sua esistenza, assumendo con vera libertà questi momenti cruciali del proprio ‘essere’. Egli si preoccupa solo del ‘fare’ e, ricorrendo ad ogni forma di tecnologia, si affanna a programmare, controllare e dominare la nascita e la morte. Queste, da esperienze originarie che chiedono di essere ‘vissute’, diventano cose che si pretende semplicemente di ‘possedere’ o di ‘rifiutare’.

Del resto, una volta escluso il riferimento a Dio, non sorprende che il senso di tutte le cose ne esca profondamente deformato, e la stessa natura, non più ‘mater’, sia ridotta a ‘materiale’ aperto a tutte le manipolazioni. A ciò sembra condurre una certa razionalità tecnico-scientifica, dominante nella cultura contemporanea, che nega l’idea stessa di una verità del creato da riconoscere o di un disegno di Dio sulla vita da rispettare. E ciò non è meno vero, quando l’angoscia per gli esiti di tale ‘libertà senza legge’ induce alcuni all’opposta istanza di una ‘legge senza libertà’, come avviene, ad esempio, in ideologie che contestano la legittimità di qualunque intervento sulla natura, quasi in nome di una sua ‘divinizzazione’, che ancora una volta ne misconosce la dipendenza dal disegno del Creatore. In realtà, vivendo ‘come se Dio non esistesse’, l’uomo smarrisce non solo il mistero di Dio, ma anche quello del mondo e il mistero del suo stesso essere.

23. L’eclissi del senso di Dio e dell’uomo conduce inevitabilmente al materialismo pratico, nel quale proliferano l’individualismo, l’utilitarismo e l’edonismo. Si manifesta anche qui la perenne validità di quanto scrive l’Apostolo: ‘Poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno’ (Rm 1, 28). Così i valori dell’essere sono sostituiti da quelli dell’avere”.


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