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“Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Sl 89, 12)
2 Maggio 2020
“Ensina-nos a contar os nossos dias para que nosso coração alcance sabedoria” (Salmos 90:12)
14 Maggio 2020

Chi è più furbo?


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Avvertenza

L’esame di coscienza richiede un mettersi davanti a Dio, nell’accoglierlo come Colui che amandomi da sempre vuole solo il mio vero bene, la mia felicità. Esso non consiste principalmente in un impegno intellettuale, teorico ed astratto ovvero in un’analisi psicologica: è incontro personale, intimo con Colui che mi ama, mi cerca e mi aspetta, … sempre! Per questo vi consiglio di leggere i seguenti spunti di riflessione e la Parola di Dio riportata, con calma, magari in diversi momenti ed in più giorni, per poterli approfondire e meditare in modo da poter accogliere l’abbraccio misericordioso di Dio.

Introduzione

            Contrariamente a quanto tutti speravamo la scorsa settimana, anche per questa V domenica del Tempo di Pasqua siamo costretti a non poter celebrare la santa Messa Conventuale del Gran Priorato di Roma, nel significativo ambiente della Cappella Palatina di San Giovanni Battista già dei Cavalieri di Gerusalemme e di Rodi. Perché significativo per noi? Per il semplice fatto che in questi ambienti già dal 1230 operavano i Cavalieri dell’Ordine Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme, detti anche di Rodi e di Malta. La tradizione vuole che nella chiesa, che non si sa dove fosse esattamente in quel tempo, essi passassero in preghiera, la notte precedente il giorno della loro investitura o della partenza per i differenti luoghi al fine di difendere la fede e servire i ‘signori ammalati’. Anche se tutto l’edificio è stato costruito nel XV sec. sui resti del foro di Augusto, l’attuale Cappella è stata ricavata in un quadriportico a pilastri con archi in travertino solo nel 1946 (cf A. Manodori, Rione I Monti, in I rioni di Roma, Milano 2000, vol. I, pp. 36-130).

            Ho creduto opportuno ricordare previamente il tempo che stiamo vivendo (che non dipende da noi, ma dove tutti devono sentirsi responsabili, anche nella cura della propria anima) ed il luogo dove ordinariamente celebriamo nelle domeniche l’Eucaristia, affinché siano un eloquente richiamo: da una parte fare di necessità virtù e dall’altra ad essere consapevoli che siamo chiamati a vivere fedelmente il carisma melitense, per il quale in più di 900 anni di storia (a. 1048) molti hanno dato, in diversi tempi e modi, letteralmente la vita. Quindi, un richiamo forte per ciascuno affinché viviamo in modo più maturo e consapevole il dono della Parola di Dio, dell’Eucaristia, che non possono mai darsi per dovuti o scontati, e questo periodo ce lo sta facendo capire. Richiamo a riscoprire l’appartenenza all’Ordine di Malta, per servire Dio, la Chiesa ed il prossimo, e non per servirsene (cf fra Giacomo).

            In questa V domenica di Pasqua, nella quale la liturgia della Parola ci presenta il Cristo risorto che si manifesta come Via, Verità e Vita, ho pensato di proporre in questo settimo spunto per l’esame di coscienza quelle che io chiamo ‘le false credenziali del peccato’ e ‘la logica del peccatore’. Penso che entrambe si potranno comprendere nella loro pienezza, proprio alla luce della Parola di questa domenica e soprattutto di Cristo, Figlio di Dio (non semplice ‘grande uomo’), come Verità: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli, dice il Signore, e conoscerete la verità” (Gv 8,31b-32). Infatti, “È ’ venuto un Uomo duemila anni fa, scrive un giovane, che continua a coinvolgerci con il suo messaggio rivoluzionario; ma a differenza di tutti gli altri grandi uomini, Buddha, Confucio, Maometto, Francesco, Gandhi, Marx, M. L. King, non ha detto: ‘Sono un profeta… un teorico… un riformista… un rivoluzionario’ (anche se lo è stato [ma con una piccola e fondamentale differenza: Lui è partito dall’amore al nemico e non dall’odio per qualcuno …]). Ha detto semplicemente: ‘Io sono la via, la verità, la vita’. Il Cristo può affermare di essere personalmente la via al Padre perché ‘è la verità, l’immagine del Padre nel mondo e, insieme, la vita di chi crede in lui. Perché il Padre è la sorgente originale della vita, di cui vive anche il Figlio, della forza vitale che egli comunica ai credenti’ (H. van den Bussche)” (https://www.maranatha.it/). Quindi il Vangelo di questa domenica ci ricorda che Cristo ha preparato un posto per ciascuno di noi (cf Gv 14, 2) e si indica lui stesso come “… la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6). Siamo chiamati, a vivere questa promessa con fede (cf Gv 14, 1), perché seguendolo (via) e conoscendolo sempre di più (verità) scopriremo il senso della vita, terrena ed eterna, prendendo coscienza che alla fine c’è solo una vita oltre la vita! Dobbiamo perciò seguirlo, ascoltarlo, lasciarci vivificare da Lui, senza mai perdere di vista la meta finale, il posto che Lui ci ha preparato per l’eternità.

Soprattutto mi sembra oggi importante evidenziare in genere il tema della verità , senza la quale corriamo di non scioglierci da quel congelamento che ci tiene paralizzati e ci condanna a non poter vivere pienamente. Già, in particolare quella Verità che è Cristo stesso dalla quale da sempre l’uomo cerca di difendersi, non rendendosi conto che è la Verità che ci difende e ci fa veramente liberi (cf Gv 8, 30-32), perché per la fede sappiamo che la Verità abita sempre e solo dove c’è la Misericordiae la Giustizia (cf Sl 84, 11). La verità confusa oggi sempre di più con la ‘mia verità’ che semplicemente non esiste, o trascurata in nome di un bello ingannevole che ci attira, ma non potrà riempire. Una verità troppo spesso e volentieri sacrificata sugli altari dell’egoismo e dell’opportunismo come ammoniva un non certo conformista filosofo e poeta statunitense: “Datemi la verità, invece che amore, danaro o fama. Sedetti a una tavola imbandita di cibo ricco, vino abbondante e servi ossequiosi, ma alla quale mancavano la sincerità e la verità; partii affamato da quel desco inospitale. L’ospitalità era fredda come i gelati” (Henry David Thoreau: 1817-1862).

Le false credenziali del peccato

           A chi, rispondendo alla grazia di Dio, cerca di fare un onesto cammino di conversione, prima o dopo, dovrà, fra le varie, affrontare due pericolose tentazioni. La prima, che abbiamo già visto (cf http://www.padrebruno.com/esame-di-coscienza-o-dincoscienza-terza-parte/), è quella di arrivare a convincersi che è inutile andare avanti, è inutile confessarsi, perché tanto non si cambia e la prova è il ripetere sempre gli stessi peccati, confessare sempre gli stessi. La seconda, che propongo ora come spunto per l’esame di coscienza, consiste nel far apparire inutile il nostro impegno per ciò che è vero, buono e giusto. In modo particolare confrontando la nostra vita con coloro che non se ne preoccupano affatto ovvero si comportano infrangendo sistematicamente, dal primo all’ultimo comandamento. In altre parole, questa tentazione porta a sentirci dei poveri ingenui o addirittura degli stupidi perché rispettiamo Dio, noi stessi ed il prossimo, mentre agli altri che non lo fanno, la vita sembra arridere, conservare gloria e successo: a loro tutto sembra andare bene, mentre a me tutto va male, allora a che serve seguire la legge di Dio? Quante volte abbiamo fatto o ascoltato questa considerazione e questa domanda! Alla fine è una messa alla prova della mia fede, se mi comporto in un determinato modo perché credo e seguo la verità e la giustizia oppure per quello che opportunisticamente può venire a me. Teniamo presente l’esortazione paolina: “Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, …” (Col 3, 23).

            Su questo punto ci sono in particolare due salmi che, per me, descrivono questa situazione di sconforto e di delusione, ma anche di fiducia e che riporto in parte di seguito, affinché ciascuno possa pregarli e meditarli, chiedendo con il cuore a Dio di fargli capire chi è veramente lo ‘stupido’ (= che ha scarsa intelligenza, che ha una mente ottusa, che non capisce …) della situazione.

“Quanto è buono Dio con i giusti, con gli uomini dal cuore puro! Per poco non inciampavano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi, perché ho invidiato i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi. Non c’è sofferenza per essi, sano e pasciuto è il loro corpo. Non conoscono l’affanno dei mortali e non sono colpiti come gli altri uomini. Dell’orgoglio si fanno una collana e la violenza è il loro vestito. Esce l’iniquità dal loro grasso, dal loro cuore traboccano pensieri malvagi. Scherniscono e parlano con malizia, minacciano dall’alto con prepotenza. Levano la loro bocca fino al cielo e la loro lingua percorre la terra. Perciò seggono in alto, non li raggiunge la piena delle acque. Dicono: ‘Come può saperlo Dio? C’è forse conoscenza nell’Altissimo?’. Ecco, questi sono gli empi: sempre tranquilli, ammassano ricchezze. Invano dunque ho conservato puro il mio cuore e ho lavato nell’innocenza le mie mani, poiché sono colpito tutto il giorno, e la mia pena si rinnova ogni mattina. Se avessi detto: ‘Parlerò come loro’, avrei tradito la generazione dei tuoi figli. Riflettevo per comprendere: ma fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel santuario di Dio e compresi qual è la loro fine (Sl 72, 1-17).

“Loda il Signore, anima mia: loderò il Signore per tutta la mia vita, finché vivo canterò inni al mio Dio. Non confidate nei potenti, in un uomo che non può salvare. Esala lo spirito e ritorna alla terra; in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni. Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, chi spera nel Signore suo Dio, creatore del cielo e della terra, del mare e di quanto contiene. Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati (Sl 145, 1-7).

            Solo se non saremo ‘miopi’ e non rimarremo prigionieri della scena di questo mondo, potremo comprendere ed impegnarci nel fare la volontà di Dio, nel seguire i suoi comandamenti che ci ricordano nient’altro che la nostra incredibile dignità di persone, in quanto figli di Dio. Solo allora percepiremo quanto vere sono le parole del salmista e chi è veramente il furbo! (= colui che è accorto nell’evitare di cadere in inganni e tranelli e nel cavarsela da situazioni imbrogliate o pericolose). D’altra parte lo stesso san Paolo ci ammonisce: “Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; …” (1 Cor 3, 18).

La logica del peccatore

           In quest’ultimo spunto, vorrei richiamare brevemente, l’attenzione su una nostra reazione di fronte al peccato commesso, che non sempre viene presa nella giusta considerazione, mentre ci mostra chi siamo veramente. Infatti, intendo per logica del peccatore quella che si potrebbe riassumere nel detto: “ho fatto trenta…, faccio trentuno!”. Questo lasciarsi andare, questo convincersi di ‘sfogarsi’ fino in fondo e poi fare tutto un conto nella prossima confessione, non è altro che segno eloquente che non ci sentiamo figli di Dio, ma suoi schiavi, che non l’amiamo, ma ci limitiamo a temerlo e neanche così tanto, sapendo di poter sempre approfittare della sua misericordia nella successiva ‘confessione’. Quindi, alla fine dei conti, un vero e proprio atteggiamento fuori luogo, al di fuori di quella logica che invece dovrebbe contraddistinguere le relazioni tra un Padre ed un figlio. Tutti noi non solo sbagliamo, ma tutti, ogni giorno pecchiamo nel senso proprio del termine, ed il non riconoscerlo significa dare del bugiardo a Dio e rifiutare la realtà, infatti: “Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi” (1 Gv 1, 10). Di fronte ai peccati, di fronte ai miei peccati, sono allora chiamato prima di tutto a riconoscerli umilmente chiamandoli con il loro vero nome, a chiedere perdono ed a impegnarmi nel fare quello che posso, chiedendo sinceramente l’aiuto di Dio, per non ripetere ciò che coscientemente offende Dio, la mia dignità e la dignità degli altri. Siamo chiamati a non vivere da schiavi dominati dal peccato, ma a dominarlo da persone libere: “Il Signore disse allora a Caino: ‘Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo’” (Gn 4, 6-7).

Concludendo vi propongo queste significative parole del papa Gregorio Magno: “Cerchiamo quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, in cui possiamo gioire nella solenne festosità di cittadini tanto grandi. Facciamo in modo di essere attirati dalla stessa festosità di coloro che sono felici. Accendiamo dunque il nostro animo, fratelli, la fede venga riscaldata da ciò in cui ha creduto, i nostri desideri si accendano per i beni celesti, e in questo modo amare significa già incamminarsi. Nessuna contrarietà ci ritragga dalla gioia dell’intima festosità, perché, se qualcuno desidera andare in un luogo stabilito, il desiderio di arrivarvi non venga affievolito da alcuna asperità del cammino. Nessuno stato di prosperità ci alletti con le sue lusinghe, perché è certo un viaggiatore sciocco colui che si dimentica di andare nel luogo in cui aveva intenzione di arrivare, perché, durante il viaggio, si ferma a guardare i bei prati” (dalle Omelie sui Vangeli, 14, 5-6, in PL 76, 1130).

Allora, domandiamoci sinceramente se è più furbo chi vive secondo la legge che Dio ci ha data per essere felici o chi la viola, andando così anche contro la sua felicità e quella del suo prossimo. Chiediamoci chi è lo sciocco tra chi è attratto dalla bellezza del creato e delle creature, ma non ne rispetta la dignità, e si dimentica il suo destino eterno, ed invece colui che si sente un semplice amministratore e sa di essere un pellegrino su questa terra, usa con rispetto tutto, cosciente sempre della sua vocazione ultima. Consapevole che:  “L’uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante; colui per il quale ogni terra è come la patria è già sulla buona strada; ma è perfetto solamente colui per il quale ogni terra non è che un paese straniero” (Delicatus ille est adhuc cui patria dulcis est; fortis autem iam, cui omne solum patria est; perfectus vero, cui mundus totus exilium est: Hugo de Sancto Victore, Didascalicon de studio legendi, 1.3, nell’edizione Ch. H. Buttimer 1939, p. 69).

Roma, Angelicum, 9 maggio 2020

P. Bruno, O. P.


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