Conservatore-Progressista


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Conservatore-Progressista


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Mi limito di proposito all’ambito ecclesiale e mi permetto d’introdurre l’argomento con una battuta scherzosa ma, per esperienza, profondamente vera.

Una volta un vescovo chiese ai suoi sacerdoti: sapreste dirmi in che cosa si differenziano nella Chiesa i conservatori dai progressisti? I sacerdoti risposero in modi diversi, ma nella maggioranza tenendo conto di aspetti superficiali e non sostanziali, che però non convinsero il vescovo che alla fine diede la sua risposta: la differenza consiste che i conservatori sono convinti che l’ultimo vero Concilio è stato quello di Trento, mentre i progressisti sostengono che è stato quello di Gerusalemme!

Al di là dell’eloquente battuta, è chiaro che è sempre sbagliato e comunque semplicistico e riduttivo, etichettare, rischiando quasi sempre di generalizzare, le idee ed ancora di più le persone. Infatti, alla fine la pseudo divisone tra conservatori e progressisti manifesta la loro rispettiva ed intrinseca ‘incongruenza’: entrambi partono da una visione statica e cristallizzata della fede e della sua trasmissione, come della stessa vita ecclesiale. Non tengono conto che il dato rivelato e la dottrina, pur essendo in se stesse immutabili, progressiva ne è la loro conoscenza e soprattutto la loro formulazione da parte della Chiesa, per renderle comprensibili all’uomo contemporaneo, ma sempre nella fedeltà a quel depositum fidei che è un tesoro di cui l’autorità nella Chiesa è amministratrice e non padrona! Ricordava giustamente san Giovanni XXIII: “… occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data grande importanza a questo metodo e, se è necessario, applicato con pazienza; si dovrà cioè adottare quella forma di esposizione che più corrisponda al magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale (Discorso di apertura del Concilio Vaticano II, 11-X-1962).

Quindi, attenzione ad affermare che siamo chiamati ad adattare il Vangelo ai nostri giorni, in quanto ciò è semplicemente anti-evangelico: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1, 15), e non è scritto che bisogna convertirsi al mondo! Fino a prova contraria, sono la Rivelazione e la Tradizione ad essere paradigmatiche per la fede e non la cultura, la moda, la morale corrente, l’opinione comune ed il consenso della maggioranza.

Quale corollario, mi sembra importante anche riflettere sulla specificità e la diversità tra il metodo proprio delle scienze naturali (metodo scientifico-sperimentale: osservazione, ipotesi, verifica, legge) e quello della teologia. Generalmente, le prime progrediscono per sostituzione (per esempio: la scoperta dell’energia elettrica ha sostituito le fonti di energia precedenti), mentre la teologia progredisce per approfondimento nella continuità: un Concilio non contraddice e non può contraddire i precedenti, in quanto non si può dare cambiamento o anche dei semplici ‘strappi o rotture’ per quanto riguarda il deposito della fede (Rivelazione e Tradizione, quest’ultima completamente differente dalla ‘prassi’ a dal ‘si è sempre fatto così’!) e le sue applicazioni e conseguenze nei vari campi.

Allora stiamo molto, ma molto attenti ad usare etichette stereotipate e non dimentichiamoci che la vera distinzione, cum fundamento in re, non è nella divisione, profondamente falsa e frutto di ideologia, tra conservatori e progressisti, spesso e volentieri attaccata e limitata alle manifestazioni esterne, al modo di presentarsi. In modo particolare in ambito liturgico dove, a mio sommesso avviso, entrambi dimenticano ciò che ha affermato il Concilio Vaticano II: “Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa, che è ‘sacramento dell’unità’, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi” (Sacrosanctum Concilium, 26). La liturgia non è un ‘teatro’ uno ‘show’ dove si ‘impone’, si ‘crea’ o si ‘sceglie’ secondo i ‘gusti’ personali, e magari alla fine della celebrazione le stesse persone si comportano in modo antievangelico.

Quindi, la vera distinzione nella vita reale di tutti i giorni è tra persone: intelligenti/competenti e meno intelligenti/incompetenti, oneste e disoneste, coraggiose/coerenti ed ipocrite/opportuniste, caritatevoli ed egoiste, che potranno essere sia conservatori che progressiste.



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