Senso di colpa o senso del peccato? Qualche utile indicazione per distinguere una seduta dallo psicologo dall’incontro con Cristo, l’unico Salvatore. (Prima Parte: la prossima settimana la Seconda)


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Preghiera del Cardinale Péter Erdő in tempi di epidemia
12 Marzo 2020
Senso di colpa o senso del peccato? Qualche utile indicazione per distinguere una seduta dallo psicologo dall’incontro con Cristo l’unico Salvatore di ognuno e dell’umanità. (Seconda Parte: la prossima settimana l’ultima Parte)
26 Marzo 2020

Senso di colpa o senso del peccato? Qualche utile indicazione per distinguere una seduta dallo psicologo dall’incontro con Cristo, l’unico Salvatore. (Prima Parte: la prossima settimana la Seconda)


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Nota previa

Quanto segue mi è stato richiesto per aiutare i membri del Gran Priorato/Delegazione di Roma dell’Ordine di Malta, in questo momento in cui non è possibile la partecipazione alla celebrazione della Santa Messa Conventuale, presso la Cappella Palatina in p.za del Grillo, a causa della crisi COVID-19. In questo contesto, in concreto, non potendo essere tra voi per la confessione sacramentale individuale, propongo a chi lo desidera, un ausilio per l’esame di coscienza, iniziando dalla prossima IV domenica di Quaresima e per le successive. Viste le circostanze, ho deciso di dare anche ad altri la possibilità di condividere queste semplici note, pubblicandole sul mio sito.

Sicuramente il momento che stiamo vivendo, al di là di tutti i discorsi, le accuse, le ipotesi, le dietrologie e le diagnosi che ognuno si sente autorizzato a fare agli altri, è un’occasione per ritrovare noi stessi, recuperando la presenza ed il ruolo di Dio nella nostra vita. In un certo senso, ci troviamo nella stessa situazione del cosiddetto figliol prodigo della parabola del Padre misericordioso (cf Lc 15, 11-32): fare l’esperienza di aver sprecato la propria vita allontanandoci dall’amore paterno di Dio. Questa prova deve essere allora un’occasione di grazia e quindi momento favorevole per ritornare con umiltà e convinzione a Dio. Si ascolta e si legge, quasi ovunque in questi giorni, che dopo il Covid-19, l’umanità, le persone non saranno più le stesse. Questo è certo! Ma saranno migliori o peggiori? (v. corsa alle armi, speculazioni finanziarie, ecc.). Questo dipende da me, da te che leggi, nella misura in cui recuperiamo l’amore di Dio come creatore e redentore, e con il suo aiuto (la grazia) ritorniamo a Lui. Quello che stiamo vivendo è l’occasione per iniziare a curare quel ‘delirio di onnipotenza’ da cui è afflitto l’uomo, che da sempre continua a seminare vittime e sofferenza, attraverso un desiderio di conversione del cuore, attraverso il quale recuperare il nostro essere creature, abbandonando l’ingannevole illusione di credersi ‘Dio onnipotente’. Cogliere che in noi è iscritta una legge, il progetto d’amore di Dio su ognuno e sull’umanità, che è vitale riconoscere e realizzare (cf Rm 1). Il Dott. Amedeo Capetti, che opera al Sacco di Milano ha scritto su Il Foglio del 18 marzo u.s.: “In effetti quello che io sto vivendo, ma credo sia esperienza anche di molti altri, è l’avverarsi di un fenomeno che non di rado noi medici vediamo in chi è scampato a un pericolo potenzialmente mortale: l’esperienza di aprire gli occhi e accorgersi che nulla è più scontato. Ossia che tutto è dono, dal risveglio del mattino, dal saluto ai propri cari a ogni piccola piega di un quotidiano che per alcuni è tutto da riempire, per altri come me è diventato, se mai era pensabile, più vorticoso di prima. […] Tutto questo è ricchezza, grazia, che se più gente ne prendesse coscienza potrebbe a mio parere avere anche un grande valore civile: riconoscere che siamo fragili e che tutto ci è donato, a partire dal respiro, oggi così poco scontato, appianerebbe tante divergenze e discussioni inutili”

Pur invitando tutti, approfittando del tempo a disposizione, a rileggere quanto scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) sul sacramento della Penitenza e della Riconciliazione (nn. 1422-1470), mi sembra utile ricordare alcuni punti fermi.

1) In questo momento nel quale è molto difficile, se non impossibile per alcuni, accedere alla confessione individuale (non valida per via telefonica od altro mezzo di comunicazione), si tenga presente che: a) Dio è ‘abbastanza intelligente’ da capire che ci sono situazioni e condizioni limite e dunque è tanto provvidente da intervenire quando non riusciamo a celebrare i sacramenti, senza costringerci a surrogati assurdi dei sacramenti stessi, che in ultima analisi si rivelerebbero delle deviazioni non solo per il presente, ma molto di più per il futuro; l’impossibilità ad accedere ai sacramenti, non esclude l’accesso alla misericordia di Dio per altre vie, che in ogni caso la grazia di Dio non è legata ai sacramenti (cf Familiaris consortio, 84; Reconciliatio et poenitentia, 34; “C’è però da osservare che Dio, come non ha vincolato la sua virtù ai sacramenti in tal modo da non poterne produrre gli effetti anche senza di essi, …”: San Tommaso, Sum. Teol., III, 64, 7 c.); b) di conseguenza è possibile chiedere perdono con un ‘atto di contrizione perfetto’. Nel CCC leggiamo: “Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è ‘il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire’. Quando proviene dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta ‘perfetta’ (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale” (nn. 1451-1452). La contrizione è un atto della volontà, quindi com’è stato volontario il peccato, volontaria deve esserne la sua riprovazione. La detestazione del peccato per amore di Dio, può essere accompagnato dalla tristezza, dal senso di colpa, e generalmente così avviene per l’unità della persona umana, ma tali emozioni sensibili dicono poco dell’autenticità del pentimento. La contrizione tocca sia il passato che il futuro: perché pentirsi non è semplicemente smettere di peccare, ma implica anche il detestare il peccato commesso; guarda al futuro, perché include il proposito di non peccare più. La sincerità del proposito di non peccare più costituisce la veridicità della contrizione. Questo è il punto fondamentale, dei quali molti non si rendono conto, soprattutto coloro che vengono a confessarsi manifestando che si sentono ipocriti perché sanno che ripeteranno lo stesso peccato e quindi cadono nella tentazione, camuffata da volontà di non essere ipocriti, di non confessarsi più. Queste persone non hanno chiaro proprio questo punto: ciò che Dio mi chiede è il fermo proposito (volontà) di non peccare più, di fare ciò che è nelle mie possibilità, soprattutto con l’aiuto della grazia di Dio ed impegnandomi nel fare tutto quel bene che posso, questo a prescindere dal sapere (intelletto) che probabilmente rifarò quei determinati peccati! Esemplificando: una persona potrà confessarsi per tutta la vita materialmente dello stesso peccato, ma dovrà ogni volta presentarsi con una maturità spirituale maggiore e con lo stesso sincero proposito, con l’aiuto di Dio, di rifiutare il peccato.

2) Per quanto riguarda l’amministrazione di questo Sacramento (individuale), quando possibile e permesso, la Conferenza Episcopale Italiana ha dato i seguenti suggerimenti: “a. Qualora sia amministrato nei luoghi di culto avvenga in luoghi ampi ed areati. Nell’ascolto delle confessioni si mantenga la distanza tra il ministro e il penitente di almeno un metro, chiedendo agli altri fedeli presenti in chiesa di allontanarsi per garantire la dovuta riservatezza. A protezione del penitente e propria, il sacerdote indossi una mascherina protettiva idonea. b. Per la confessione auricolare nella casa di un ammalato o di persona anziana il sacerdote assuma le medesime precauzioni indicate per la Riconciliazione nei luoghi di culto, mantenendo la necessaria distanza dal penitente. Si eviti di stringere la mano prima di congedarsi dal penitente e per salutare i familiari o altre persone presenti nella casa. c. Anche in questo caso, a protezione dell’ammalato o dell’anziano e propria, il sacerdote indossi una mascherina protettiva idonea” (Segretaria Generale della CEI, Suggerimenti per la celebrazione dei sacramenti in tempo di emergenza Covid-19, 17-III-2020). Non prendo qui in esame, perché evidentemente superflua, la possibilità prevista in pochi e determinati casi, ed a certe condizioni, dell’assoluzione comunitaria.

Per evitare un testo lungo, che solo pochi alla fine leggerebbero, ho deciso di dividerlo in più parti, proponendo così diversi aspetti utili per fare un maturo esame di coscienza. Inizio oggi con una breve introduzione di carattere generale.

Introduzione

            La cosa più importante, prima di tutto, è il prendere coscienza di che cosa è veramente il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione (Confessione). Esso è l’incontro con la misericordia di Dio, grazie alla morte e risurrezione di Cristo (cf Formula dell’assoluzione). Quindi non ci troviamo di fronte ad un padrone, ma ad un Padre che vuole il vero bene e la vera felicità dei propri figli. Se non è chiaro questo aspetto, sarà impossibile vivere pienamente e con senso questo canale della grazia istituito da Cristo ed offerto a ciascuno di noi. Altrimenti, facilmente, e quasi inesorabilmente, saremo portati a sentirlo o come un momento da evitare per vergogna ovvero come uno sfogo psicologico, quasi uno scaricare materialmente ciò che sentiamo come dei ‘pesi’ o delle ‘macchie’ da lavare/levare con quella lavatrice che per noi è il Sacramento della Penitenza. Un realizzare, in altri termini, ciò che Freud chiamava ‘impulso a confessare’ o attuazione di una sorta di ‘cerimoniale nevrotico’, ma continuando a rimanere ostaggio e vittime del nostro ‘ego’. Quindi, è importante comprendere l’importanza di passare dal ‘senso di colpa’, che proviamo quando abbiamo fatto od omesso qualcosa che avevamo coscienza che dovevamo fare o evitare, con il ‘senso del peccato’, che è riconoscere di avere sprecato un dono Dio, di averlo tradito ed offeso (v. senso della contrizione perfetta). Nel primo caso siamo in un contesto psicologico, nel secondo ci muoviamo in un contesto di amore dove sono in gioco il mio ‘io’ ed il ‘tu’ di Dio, in un rapporto personale, intimo. L’ulteriore differenza, sulla quale è bene riflettere, è che il senso di colpa è sterile o il più di volte porta ad una colpevolizzazione che preclude alla speranza, alla possibilità di cambiare in quanto fissa lo sguardo e rimane prigioniero del proprio ‘ego’, mentre il senso del peccato porta all’incontro con la grazia di Dio che ci apre e ci aiuta a guardare avanti, nella certezza che non siamo soli (cf Fil 4, 13). In questo contesto è utile rileggere le così dette Regole di vita Cristiana elencante da sant’Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi Spirituali (nn. 313-336), e soprattutto quanto riguarda l’esperienza della consolazione, frutto del compimento di quanto Dio vuole, che mi fa sperimentare la felicità, e della desolazione, effetto del peccato che può solo darmi un piacere momentaneo. Spunti che aiutano a riflettere sul fascino e la seduzione del peccato e sulla sua capacità d’illudere, e che alla fine lascia solo tristezza e rammarico di aver ancora una volta sprecato qualcosa di prezioso.

Quindi il vivere pienamente questo Sacramento postula un giusto rapporto con Dio ed un corretto senso del peccato. Soprattutto che solo scoprendo l’amore di Dio per me, alla sua luce (non teoricamente ed in modo astratto, ma come sono e per quello che sono, pur sentendo l’invito ad essere una persona migliore), si possono capire il pentimento ed il desiderio di conversione.

Impegno concreto: confronto con la Parola di Dio

Zaccaria 1, 3b-4;

Mt 5, 17-19;

Luca 15, 11-32;

Romani 1 , 18-32 (i peccati dei pagani).

Roma, Angelicum, 19 marzo 2020
Solennità di San Giuseppe
Uomo giusto e fedele
Patrono della Chiesa Universale

P. Bruno, O. P.


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